Il Flusso di Coscienza

I meccanismi di narrazione: portare il flusso di coscienza alle estreme conseguenze. Lo scrittore fa da psicanalista, quindi non deve incarnare una camera da cinepresa e descrivere tutto in maniera perlopiù obiettiva, ma deve fungere da occhio, da mente del personaggio. Solo questo. Lo scrittore deve essere l’Es dei personaggi, affinché espliciti il loro inconscio o quello dell’umanità, tant’è vero l'”inconscio collettivo” di Jung. Ad esempio io non devo descrivere l’esteriorità e l’estetica di ciò che mi circonda, giacché c’è già. Pre-esiste. Le parole creano, dunque bisogna creare ciò che si crea, appunto, ciò che si genera: il divenire. Della Vita, della personalità. Le situazioni e gli stati d’animo. Nulla di più, nulla di meno.

Pensiamo dal momento che siamo in grado di stabilire analogie, relazioni. Noi pensiamo per rapporti. Questo è il flusso di coscienza. Se vedo un parco non devo descriverlo così come mi appare ai miei occhi ma descrivere il modo in cui si configura nella mia coscienza, poiché esiste già, nell’Es dell’umanità, il significato ed il significante di “parco”. Descrivere cosa provo dinanzi ad esso, perché un parco rimanda a significati inconsci, forse anche rimossi, del mio vissuto- e dunque, in corrispondenza dell’attimo novello, dell’attimo narrante in cui lo vivo, questo significante si arricchisce di altri significati che assumono forma e consistenza nella mia personalità e nel mio modo d’essere. E’ narrando me stesso, il mio essere, il mio divenire che faccio emergere gradualmente tutto ciò che è, è stato e sono stato. Una storia si può narrare, così. Farne emergere i dettagli salienti, celarla tra le righe del mio divenire. Ecco. Leggendo, la mente del lettore sarebbe in grado di ricostruirla. Supporla, meglio. Giacché non si è mai certi di ciò che si sa. Tutto ciò che si dice è inconsistente, tant’è vero il “relativismo gnoseologico” di Pirandello. Dinanzi ad un uomo che narra la sua storia, o un fatto qualunque, sempre è certa la sua inattendibilità, poiché quel fatto acquisterebbe una fisionomia differente se costruito da parole altrui. Dunque, ascoltando quest’uomo non possiamo far altro che ipotizzare la veridicità del suo detto. Supporre che sia andato come figurato dalle sue parole e proporre altre possibilità sull’andamento dello stesso fatto. Fatto che, sebbene voglia avere un significato univoco, si manifesta in significanti alterni: e dunque, di conseguenza, anche assurdamente, sì- ma la Verità e la realtà sono di per sé assurde- e allora l’Assurdo è reale e realistico-, quel fatto deve necessariamente possedere significati, anche minimamente, sì, differenti.

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